Perchè AGRICIVISMO.
Come dice il nome stesso agri- è la RADICE, manco a farlo apposto, la lingua naturale presta il fianco alla metafora e quindi dalla radice che richiama alla TERRA, spunta un -CIVISMO, dal suono un po' ostico, difficile, eppure nella sua durezza disegna il rispetto reciproco, la voglia di partecipare, di essere in armonia anche con quella parte di natura che risiede in ognuno di noi, fauna evoluta (forse).
L'EFFETTO che ci fa la TERRA è quello benefico e catartico delle cose semplici fatte di sudore e fatica, senza sovrastrutture culturali, sociali. Davanti alla TERRA siamo tutti uguali, è alla TERRA che torniamo alla fine dell'esistenza è la TERRA che ci sfama durante la vita. Una persona con i 'piedi per TERRA' è concreta, ed è proprio questa concretezza che libera dai pensieri contorti e quotidiani. Il silenzio accompagna gli elementi, l'osservazione ci rende piccoli testimoni di qualcosa che non potremo mai riprodurre con tanta genialità.
martedì 6 dicembre 2011
lunedì 5 dicembre 2011
gusto di casa mia
La globalizzazione, in che modo incide sui consumi, sulla disponibilità di cibo, sulla memoria culturale della tavola? Noi non ce ne rendiamo conto, ma in realtà appiattisce i desideri, omogenizza le aspettative anche nel gusto.
Non ricordiamo più i piatti delle bisnonne, non riusciamo a mettere a fuoco la ricetta della nonna, ne ricordiamo, magari, solo un vago sapore. Mia nonna, triestina, faceva un ragù speciale con molte spezie per condire "I" gnocchi, eh si perchè a Trieste si chiamano o si chiamavano così.
La diversità agroalimentare non è solo una risorsa mentale, che permette il nomadismo psichico, ma è anche un sistema di protezione per le specie vegetali che rischiano di perdersi piallate da banalità transnazionali. E' la logica del fast food monomarca, ci vogliono tutti con gli stessi desideri, più facili da gestire, da manipolare, da influenzare.
E allora evviva il lampredotto, il baccalà mantecato, i canederli con gulash, la bagnacauda, i tortelli di zucca, gli spaghetti buccuni, i carciofi alla giudìa, gli gnumeridd, ciceri e tria, la granita di gelsi, la torta al testo, il pancotto, la focaccia di Recco, la minestra maritata, la moccetta, le sarde in savor. "Cucina povera e semplice, fatta di semplicità" diceva Paolo Conte, spesso fatta con poco, ma espressione di una creatività genuina, semplice e nascosta, che conserva il gusto e la dignità della Storia.
Non ricordiamo più i piatti delle bisnonne, non riusciamo a mettere a fuoco la ricetta della nonna, ne ricordiamo, magari, solo un vago sapore. Mia nonna, triestina, faceva un ragù speciale con molte spezie per condire "I" gnocchi, eh si perchè a Trieste si chiamano o si chiamavano così.
La diversità agroalimentare non è solo una risorsa mentale, che permette il nomadismo psichico, ma è anche un sistema di protezione per le specie vegetali che rischiano di perdersi piallate da banalità transnazionali. E' la logica del fast food monomarca, ci vogliono tutti con gli stessi desideri, più facili da gestire, da manipolare, da influenzare.
E allora evviva il lampredotto, il baccalà mantecato, i canederli con gulash, la bagnacauda, i tortelli di zucca, gli spaghetti buccuni, i carciofi alla giudìa, gli gnumeridd, ciceri e tria, la granita di gelsi, la torta al testo, il pancotto, la focaccia di Recco, la minestra maritata, la moccetta, le sarde in savor. "Cucina povera e semplice, fatta di semplicità" diceva Paolo Conte, spesso fatta con poco, ma espressione di una creatività genuina, semplice e nascosta, che conserva il gusto e la dignità della Storia.
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